sono solo pensieri in ordine sparso

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29 giugno 2012

1.1 il faro














 
Il mare abbracciava con furore il faro, ultima torre  di una civiltà in decadenza, esposto fuori dalla costa, come un dinosauro di un'era ormai sepolta,solitario.  Le onde si infrangevano raggiungendo quasi l'ultima finestra, quella dove la lucerna era accesa ormai ininterrottamente da oltre 1000 anni. 
Un faro nella notte, un faro in mezzo al mare, un faro tenuto acceso per tutti i naviganti, per tutti le anime del mondo. Ancora le onde si spezzavano contro le pietre e il rumore era un rombo, uno schiaffo di acqua e di vento che si infrange sul mondo dei vivi. Il mare, così furioso, così impetuoso e imperante. Nessuno si sarebbe potuto avvicinare alla costa con quella inesorabile tempesta. Nessuno.
Lui saliva le scale ancora, con fatica, con enorme fatica, la chiocciola girava con i suoi scalini, il mare bussava incessante e irrompeva con spruzzi di rumore come boati, come bombe. Aveva salito quelle scale per tutti i giorni della sua vita da quando ne aveva memoria. Le gambe sempre più stanche, di anni di scalini, di anni di solitudine forzata. Ma la luce doveva rimanere accesa, sempre. Arrivato in cima controllò la lanterna ad energia nucleare: sarebbe stata accesa anche senza di lui per almeno altri 10.000 anni. I naviganti perduti potevano stare tranquilli.

25 giugno 2012

1.1 Lei



 




La nebbiolina non accennava a diminuire. Era un maggio piuttosto freddo e piovoso. Da quando le più grandi catene montuose del pianeta erano state praticamente rase al suolo il clima era cambiato. Non c'erano più le stagioni, non c'erano più distinzioni. Poteva passare da essere 45 gradi secchi e duri a -10 nel giro di qualche giorno. Tempeste d'acqua si abbattevano periodicamente con una tale impetuosità da proibire le uscite se non per gravi motivi. Il mondo non era più quello di una volta. Non c'erano più le grandi città, non c'erano più i miliardi di abitanti. Le comunicazioni erano ridotte al minimo. Le interazioni erano ridotte al minimo. 
L'era  tecnologica sparita. Solo ora, dopo quasi 8 anni si ricominciava a emergere. 
Nella sua zona c'erano due insediamenti umani di non più di 100 persone. Non era facile vivere in quel mondo. Non era per niente facile. Tutto quello che avevano conosciuto, il benessere effimero, la tecnologia sfrenata, l'energia disponibile sempre e comunque: niente esisteva più o perlomeno niente esisteva più in quel modo. Tutto era stato ridimensionato. Ora si coltivava la terra, si accudivano gli animali, si viveva un po' più vicini alla natura. Le città erano state distrutte in parte dagli umanoidi che avevano depredato tutto ciò che avevano voluto. Era un mondo diverso. Aveva faticato ad adattarsi, era rimasta sola. Era sopravvissuta per puro caso, perché era dovuta scendere in cantina per controllare le fosse biologiche e gli scarichi di casa.... una combinazione. L'onda d'urto l'aveva lasciata tramortita per un giorno o quasi. Il risveglio era stato, come dire,  traumatico? Era il suo incubo ricorrente.

Da dietro un cespuglio di rosa canina sentì arrivare dei rumori. Arrow si fermò e cominciò a ringhiare. Eccoci, ci siamo, pensò, questa volta mi fregano.
Imbracciò il fucile e si accucciò per terra, in attesa, come un puma pronto al balzo.
Dal  cespuglio  spuntò una gamba fasciata di rosso e poi l'altra gamba. Il suo cervello allentò un po' la morsa, non era un androide. Dal  cespuglio spuntò una donna alta circa 175 cm, giovane, capelli lunghi castagni, occhi verdi, corporatura atletica. Dal cespuglio non era spuntata una donna qualsiasi, da dietro il cespuglio era spuntata lei: era come vedersi riflessa in uno specchio solo con abiti diversi.

15 giugno 2012

4.0 L'albero delle ciliegie









Nel giardino del castello, circondato da un alto muro di sassi e pietre, c'erano alberi da frutto, fiori meravigliosi e grandi fontane ma soprattutto c'erano i ciliegi.
No, lei non li aveva mai visti ma sapeva che c'erano. La nonna gli raccontava sempre la storia della principessa che non dormiva mai perchè sentiva tutti i profumi del mondo e che passeggiava nel giardino sperando di cadere nel sonno.

La principessa, diceva la nonna, non poteva dormire perché tutte le volte che chiudeva gli occhi un profumo molesto arrivava alle sue narici e la disturbava: una volta era profumo di anguria, una volta profumo di cacca di cavallo, una volta profumo di grasso di manzo, una volta profumo di uomo sudato, una volta.....
Tutte le volte c'era qualcosa che profumava troppo e lei non poteva dormire.
Il Re e la Regina, disperati, chiesero aiuto a tutti i più grandi maghi conosciuti.
Arrivarono da tutte le parti, arrivarano in pompa magna e mantelli neri, cappelli appuntiti e barbe lunghe.
Se ne tornarono via con i sortilegi sotto braccio senza aver risolto niente.
Fin quando un giorno arrivò a corte un cuoco. Un piccolo cuoco la cui pelle era colorata di nero, i denti erano bianchissimi e gli occhi nerissimi. Quando sorrideva risplendeva. Si presentò al Re dicendo che lui avrebbe fatto dormire la Principessa.
Il Re e la Regina risero, ma risero così forte che li sentirono in tutto il regno.  Il cuoco non si mosse ma sorrise. Alla fine delle ilarità il Re diede il permesso al cuoco di provare.
Che cosa vorresti in cambio, dimmi  cuoco..
Niente mio Re, non necessito di niente se non di far felici gli altri.
Il Re e la Regina si guardarono stupiti: chi era mai questo cuoco nero e bianco che non voleva ori o riconoscimenti?


Il cuoco si diresse in cucina passando dal meravigioso giardino fiorito. La Principessa girovagava con aria assonnata e distrutta. Il cuoco vide allora accanto a lei l'albero delle ciliegie: grossi frutti rossi maturi e succosi pendevano dai rami fino a farli fregare in terra.
Posso prendere un po' di ciliegie mia Signora, ne farò una ricetta magica per farti dormire se me lo permetterai.
Prendi quello che vuoi - rispose sfiduciata e assonnata la principessa.
Nei giorni seguenti per tutto il castello si diffuse un profumo di ciliegie, così intenso e buono da far venire voglia di mangiare. La principessa non dormiva ancora ma era curiosa di assaggiare questa famosa ricetta e si recò dal cuoco.
Cuoco, posso sapere che cosa cucini di così profumato?
Il cuoco mise davanti al suo naso una fetta di pane stracolma di marmellata di ciliegie ancora calda. Era così calda ed invitante che la principessa la divorò in un attimo. E cominicò a sbadigliare.
Ne vuoi forse ancora mia signora? - Domandò il cuoco... La principessa lo guardò e disse:
adesso vado a fare un sonnellino, dopo ne riparliamo.
Si addormentò subito, appena appoggiato la testa sul cuscino. Tutte le dame di corte corsero a chiamare la Regina che si precipitò a ringraziare il cuoco.
Lo cercarono per giorni..... di lui era rimasta solo la magnifica marmellata di ciliegie.
Adesso il castello era in rovina, dentro c'era ancora la principessa addormentata, narrava la leggenda.... lei sarebbe solo voluta entrare per prendersi un po' di ciliegie.....


7 giugno 2012

2.2 Mi arrendo








Mi arrendo, sono prigioniera di me stessa  da troppo tempo.
Mi arrendo, non posso più conbattere ogni momento per ogni cosa.
Mi arrendo, sbattetemi in una cella e lascitemi in isolamento.
Mi arrendo a tutto il mondo vivente e non .... mi arrendo, sono solo tanto stanca.


6 giugno 2012

2.1 Allora mi metto gli occhiali





Quando piove tutto sembra più triste.
Il mio cuore piange di pioggia e diventa trasparente per non sentire il dolore.
Ci si può riuscire ad non ascoltare tutte le urla che salgono da dentro, a volte si.
Altre volte bisogna ascoltarle, invece. Bisogna sentirle fino in fondo e comprenderle per poi lasciarle andare libere di volare in altri posti.
Quelle urla che ti spezzano per poi ricomporti. A volte non riesci a pronunciare le parole, neanche dentro la tua testa, perché lo sai che se le dice apriranno ancora, ancora e ancora quelle ferite che non si rimarginano mai e che lasciano quel senso di perdita e di chissà cosa sarebbe potuto essere.
Io vivo con i miei pappagallini appoggiati sulle spalle, con i miei bambini perduti o non voluti, con il mio rimpianto e con il mio senso di colpa.....
Non sempre mi perdono, certe volte ho bisogno di farmi del male per sentirmi ancora viva.
Quando piove tutto sembra più triste, allora mi metto gli occhiali, quelli da due soldi di plastica con le lenti quasi arancioni e il cielo diventa di un altro colore, più caldo e familiare, più sopportabile.






Il tuo cuore lo porto con me 
Lo porto nel mio 
Non me ne divido mai.
(E.E.  Cummings)


4 giugno 2012

2.0 Piove e c'è il sole






Aprì la finestra: era appena smesso di piovere e la terra riempiva l'aria del suo profumo.
Nel silenzio del bosco si sentivano i passerotti cantare. Si potevano riconoscere i loro richiami, si sentiva il loro batter d'ali. Un pettirosso si era posato sul ramo del grande moro davanti a casa facendolo dondolare,    aveva trovato  riparo dalla pioggia sotto le foglie verdi e ancora gocciolanti di acqua piovana.
Il cielo si riapriva, i nuvoloni neri si diradavano lasciando posto a fasci di sole che si adagiavano sulla collina di fronte. I fiori bianchi del glicine fluttuavano nella lieve brezza pomeridiana spandendo nell'aria un profumo delicato. Peccato che doveva andarsene, quei momenti, quelli dopo la pioggia erano i suoi preferiti.
Indossò i suoi stivali, il cappello di tela cerata giallo e un K-Way..... uscì di casa mentre un timido raggio di sole le sfiorava la testa  e l'ultima nuvoletta scaricava la sua pioggerellina fitta fitta e leggera....
"Piove e c'è il sole....." cantava da piccola giocando nei quadri disegnati con il gesso della "campana" con le sue amichette nella strada davanti a casa.... "Piove e c'è il sole, la Madonna coglie un fiore e lo coglie per Gesù fra un momento non piove più!!!" 
Che bello poter rimandare a domani quello che invece doveva fare oggi e potersi godere quei momenti di quel clima stupendo, così leggermente nostalgico e malinconico...... verde, adesso vedeva tutto verde....... che bello poter rimandare ...... ma doveva andare, non poteva rimandare. La stavano aspettando tutti e non poteva certo deluderli. Alzo lo strascico dell'abito lungo color crema e si avviò a piedi verso la chiesetta in fondo alla strada: stamani si doveva solo sposare..... 





2 giugno 2012

3.1 Baci di dama



Il periodo non era dei migliori, il lavoro era scarso, i soldi mancavano, come sempre. Bisognava arrangiarsi, la fame era comunque l'unica cosa che riusciva a farsi sentire. Quella fame che ti fa venire i crampi, che ti urla nelle orecchie e pretende attenzione, quella che fa male insomma....
Oddio, quanta fame!  Mi ricordo che mia nonna mi diceva: se hai fame bevi, l'acqua non costa niente....
Ma voi avete mai provato a buttare giù un bicchiere d'acqua in una stomaco-caverna vuoto? Si sente lo scroscio come fosse una cascata ..... che fame!

Fin da bambina ho sempre avuto fame, una fame tremenda. Fame di pane, fame di prosciutto, fame di pasta e fame di dolce...fame insomma. Ma di cibo, a casa mia, ce n'è sempre stato poco.
 Allora, per scappare ai morsi della bestia, mi piazzavo distesa sull'amaca in mezzo al bosco e sognavo. Sognavo tavole imbandite, sognavo maialini che girano sullo spiedo, mortadelle giganti che mi danzavano intorno e io che spelluzzicavo di qua e di la, senza abbuffarmi perché non ero mai affamata,  nei miei sogni. Ogni giorno il mio sogno si dirigeva verso un desiderio diverso. Avevo passato in rassegna molti menù letti sulle porte dei ristoranti con molta soddisfazione intellettuale ma poca corporale.
Chissà dove mi avrebbe portato oggi la mia fantasia, da chi andiamo a pranzo oggi?
Chiudo gli occhi e mi immagino la stanza luminosa e luminata dalle grandi vetrate, il camino con il fuoco acceso,  il grande tavolo di legno massello con la tovaglia bianca con gli angoli rotondi che scende dolcemente, centrotavola fioriti, candelabri accesi e profumati di cera, leccornie di ogni tipo e genere, dolci, antipasti, contorni e carne di tutti i tipi e poi..... che cosa scorgo quasi nascosti dietro un enorme piramide di frutta fresca? Toh, e quelle palline che cosa sono mai? Mi avvicino e controllo, due semisfere verdognole con in mezzo una crema anch'essa tendente al verde..... BACI DI DAMA.... La mia bocca si inonda davvero di saliva mentre la mia mano fantastica prende una di quelle palline: si scioglie in bocca, è come se evaporasse in tante bollicine a contatto con la lingua e il palato, profuma di parmigiano e pistacchi e la crema in mezzo è leggermente acida e salata......
Eccolo, il bacio di dama, dolce come un bacio vero e salato come una cosa buona...... E ne prendo ancora, e ancora e ancora fino a che sento di non avere più fame, anzi sento di non poterne più dei baci di dama o di ogni altra cosa........
L'amaca dondola piano, mi culla dolcemente, il vento mi sfiora, sento profumo di caffè, eppure non sto più sognando. La mia pancia è piena di sogni e di baci..... adesso posso dormire,  almeno fino all'ora di cena.




a chi interessasse la ricetta dei baci di dama

1 giugno 2012

Nuvole a bassa quota




1.
Nuvole a bassa quota: questa era la descrizione adatta per quella mattina di maggio.
Non fredda o buia o triste, solo avvolta dalla nuvole a bassa quota.
Tutto era ovattato da quelle nuvole, da quei batuffoli che aleggiavano nell'aria, sul fiume, fra i rami.
Si sentiva strana, in bilico fra il normale e lo stapersuccederequalcosa. Aveva imparato ad ascoltare le sue sensazioni, aveva imparato a stare in guardia quando le avvertiva. Non sempre erano cose eclatanti ma comunque si poteva stare in allerta. Si guardò intorno, un capriolo che brucava tranquillo l'erba giovane e tenera in fondo al prato, una lepre poco distante che muoveva gli orecchi come fossero radar tesi a sentire eventuali intrusi in arrivo. Il suo cane era accucciato ai suoi piedi sonnacchiando. Aveva sempre più bisogno di dormire essendo ormai arrivato alla veneranda età di 12 anni. Fedele amico da sempre, tremava al pensiero di quando se ne sarebbe andato lasciandola sola.
Prese lo zaino e si avviò verso il fondo del prato, scendendo lentamente seguita da Arrow.
Aveva imparato ad attivare tutti i sensi insieme in modo da avere una maggiore sensibilità di quello che era attorno a lei. Pensava a quello che era stato, prima, molti anni prima della grande esplosione.
Lei non lo aveva vissuto, glielo avevano raccontato i vecchi, lo aveva letto sui libri, visto sui dvd.
Dopo la prima grande esplosione il mondo era rimasto attonito.
Comunicazioni interrotte, circa il 99% della popolazione volatizzato in un attimo, niente energia elettrica.
Era successo tutto in un attimo, un boato e l'onda d'urto aveva ucciso tutti quelli che non erano ben al riparo sotto terra per qualsiasi motivo fortunato. Le case, le auto, le cose insomma erano rimaste intatte.
I pochi sopravvissuti, umanità varia e variegata, aveva cercato di aggregarsi e di sopravvivere insieme. Si erano formati pochi nuclei nelle campagne per poter meglio nutrirsi una volta finite le scorte dei supermercati deserti.
Dopo 1 anno dalla grande esplosione senza che nessuno sapesse a che cosa o a chi fosse stata dovuta arrivarono le prime astronavi.
Enormi, d'argento, coprivano la visuale del sole e del cielo.
Lo sfruttamento delle risorse della terra iniziarono immediatamente dopo il loro avvistamento, tramite macchine che assomigliavano vagamente a degli umanoidi. Se tali congegni trovavano superstiti non esitavano a sterminarli. Cercavano pietra, volgare e normalissima pietra. Cominciarono dalle più grandi catene montuose.  Nel giro di pochi anni la catena dell'Himalaya fu solo un ricordo. Nel giro di 5 anni al posto delle Alpi e dei Pirenei erano rimasti solo grandi buchi.
Come erano arrivati se ne andarono dopo 7 anni di distruzione e sterminio senza nessun ritegno. Nessuno seppe mai chi fossero. 
Come ricordo ci  avevano però lasciato quasi tutte le macchine da estrazione che, impazzite e lasciate al loro destino, prima di collassare in pozze di metallo uccidevano tutto ciò che di vivo incontravano.
Unica difesa contro di loro una pallottola in quella che era la testa: erano così veloci che diventava  difficile sopravvivere ad un incontro.
E se quella mattina ne avesse incontrato uno?